Quando e come nasce l’Università di Pavia? Da dove vengono i suoi miti identitari?
A queste domande si è tentato di rispondere con la mostra temporanea "Alle origini dell’Università di Pavia: storia, miti e storia dei miti", sviluppata insieme a CeSUP – Centro per la Storia dell’Università di Pavia. L’obiettivo fondamentale è stata la distinzione del mito dai dati, ricavati dalla ricerca storica, evidenziando e dando valore anche ai preziosi frammenti di storia e di effettiva grandezza culturale che sono stati sfruttati per costruire i più grezzi impasti delle mitologie fondative dell’Università di Pavia.
L’Università nasce, a tutti gli effetti e ufficialmente, il 13 aprile 1361, con la fondazione dello Studium Generale, per volontà di Galeazzo II Visconti. Tuttavia, nell’arco dei secoli, sono state proposte ben tre origini differenti: il primo mito, longobardo, fu proposto dai Visconti stessi come parte di un disegno di legittimazione del proprio dominio politico, immaginando la nuova istituzione come una continuazione delle tradizioni e del glorioso passato della capitale del regno longobardo. Da questo momento, e per diversi secoli, si svilupparono ben altri due miti: uno associato a Carlo magno e uno, più recente e tuttora noto, che lega la fondazione dell’ateneo pavese al Capitolare di Lotario dell’anno 825.
Il “viaggio nella bellezza del corpo umano” in cui si cimentavano medici e studiosi di anatomia era per lo più solitario; questi uomini straordinari si poterono però avvalere, durante la traversata, dell’impagabile aiuto di alleati particolari e forse inattesi: gli artisti.
Grazie alla loro maestria, vennero disegnate preziose mappe anatomiche che consentirono la condivisione della nuova conoscenza. In mostra, calcografie dal De humani corporis fabrica del fiammingo Andrea Vesalio (1543), "semplici" disegni a matita tracciati con abilità straordinaria e pazienza certosina dal grande anatomista Antonio Scarpa (XVIII-XIX secolo), illustrazioni delle cellule nervose realizzate a matita e a china da Camillo Golgi e a volte della moglie Lina Aletti (XIX-XX secolo), belle opere di Gian Battista Ricci, artista lomellino contemporaneo.